ANZIANI

Servizi per Anziani

PSICOTERAPIA PER ANZIANI

L’invecchiamento

L’evoluzione verso un progressivo allungamento della vita può essere considerata una sfida continua, cioè nella necessità di gestire le problematiche connesse all’invecchiamento in modo da poter garantire a questa fascia sempre più numerosa della popolazione una dignitosa qualità di vita.
L’anziano si differenzia da una persona adulta per modificazioni che intercorrono a livello fisico, cognitivo, esperenziale e di regolazione somatico-affettiva.

L’invecchiamento può infatti essere definito come processo, o insieme di processi, che hanno luogo in un organismo vivente e che con il passare del tempo ne diminuiscono la probabilità di sopravvivenza.
L’invecchiamento va distinto dalla malattia poiché porta con sé cambiamenti universali e non reversibili, ma non necessariamente invalidanti.

Occorre quindi prendersi cura anche della mente, delle emozioni e delle dinamiche relazionali.

I sintomi psicologici lamentati dagli anziani

Molto spesso, il paziente anziano arriva in terapia riportando sintomi ansioso-depressivi collegati ad una problematica di tipo fisico o alla paura di perdere le proprie facoltà mentali.
E’ necessario valutare accuratamente la presenza di eventuali patologie di tipo organico per poi intervenire sui pensieri negativi collegati al cambiamento dell’immagine di sé e ad eventuali limitazioni con cui l’anziano deve fare i conti, proprio a causa della diminuita efficienza psico-fisica.

Problemi specifici

Certi temi sono fondamentali: come superare un lutto, accettare la pensione, affrontare la paura della morte. Sono tutti passaggi che creano disagi e che è giusto affrontare con gli strumenti adatti. La figura dello psicoterapeuta diventa centrale perché aiuta chi è in difficoltà a liberare le emozioni.

Il lavoro sulla reminiscenza, per esempio, è importantissimo: attraverso i ricordi si riesce a fare il punto su quanto di bello c’è stato nella propria vita, a focalizzare le proprie risorse, ma anche ad affrontare sensi di colpa, ferite, sentimenti non chiariti.

La psicologia dell’invecchiamento promuove il benessere mentale, sostenendo l’autostima e l’equilibrio emotivo a fronte di inevitabili trasformazioni, fornendo spunti per vivere anche una rinnovata sessualità. Inoltre, stimola le funzioni cognitive e spinge alla socializzazione.

L’utilità della psicoterapia

La psicoterapia quindi può essere utile per aiutare le persone anziane a gestire i sintomi ansioso-depressivi che possono insorgere con l’invecchiamento e a ristrutturare quelle credenza negative su di sé che alimentano il malessere, nonché a rafforzare le risorse del paziente e la sua capacità di far fronte ai cambiamenti collegati all’età.
L’età, infatti, non costituisce un limite per poter intraprendere questo tipo di percorso e a volte può diventare proprio l’occasione per affrontare problemi e credenze disfunzionali su di sé che hanno origini antiche e che sono state esacerbate dall’invecchiamento.

Si tratta di una psicoterapia supportiva e relazionale. Non di un percorso psicoanalitico del profondo.

Il benessere psicologico come fattore protettivo

Il benessere psicologico risulta inoltre essere un fattore protettivo significativo per gli anziani.

Ricerche longitudinali hanno infatti mostrato che un elevato livello di scopo nella vita è associato ad una riduzione del rischio di sviluppare Alzheimer e deterioramento cognitivo lieve in anziani residenti in comunità (Boyle, Buchman, Barnes & Bennett, 2010; Boyle et al, 2012).
Un altro dato importante per la salute degli anziani riguarda il rapporto tra benessere psicologico e malattie cardiovascolari. Una review realizzata da Boehm & Kubzansky (2012) ha rilevato l’associazione tra il benessere psicologico e il rischio cardiovascolare, evidenziando i comportamenti salutari che mediano la relazione tra rischio cardiovascolare e benessere psicologico.

Considerando questi risultati, favorire il benessere psicologico è importante per la salute, soprattutto in quegli anziani che presentano comorbidità mediche.

Possibilità di setting alternativi

Talvolta difficoltà motorie o limitazioni della propria autonomia possono rendere necessaria la valutazione di setting alternativi, come la terapia a domicilio, che possono favorire l’aderenza del paziente al percorso psicologico.


In generale, sarà il terapeuta che, valutata la situazione, farà all’anziano e alla sua famiglia la proposta di intervento a suo avviso più adeguata al problema lamentato e alla condizione psico-fisica del paziente.

Per essere liberi d’invecchiare

«Mi fermo in attesa di una dolorosa invisibilità?», si chiedeva la sociologa Marina Piazza nel giorno del suo 70° compleanno.

“La vecchiaia è un passaggio che fa paura se ci consideriamo oggetti che smettono di suscitare desiderio e ammirazione, ma non se ci pensiamo come soggetti pronti a scoprire che ci sono ancora molte cose bellissime da fare. Non felici di invecchiare, ma libere di invecchiare”, scrive l’autrice.

PSICO-ONCOLOGIA,
MALATTIE CRONICHE E PSICOLOGIA DEL DOLORE


Ogni paziente vive la malattia in modo soggettivo, quello che si attiva è un processo di adattamento, cioè una trasformazione radicale nella vita del paziente stesso e dei familiari a lui vicino.

I sentimenti suscitati sono molto intensi:

senso di irrealtà,
negazione,
incredulità,
disorientamento,
rabbia.
In seguito diverse domande invadono la mente del paziente, ad es.:

“Perché è successo proprio a me?”, “Cosa mi accadrà adesso?”, “Sarò in grado di affrontare la malattia?”.

Il modo di reagire al proprio stato di salute o di malattia, così come lo sviluppo, il decorso e la prognosi stessa della malattia oncologica / cronica sono influenzati dall’interazione di diversi fattori: di tipo biologico, psicologico e sociale.

Il modo di gestire la “crisi emotiva” generata dalla diagnosi medica, l’atteggiamento di fronte all’evento traumatico influenzerà il tipo di adattamento psicosociale alla malattia, sul soggetto stesso, sulla famiglia, sugli amici e sugli operatori sanitari, portando ad una reciproca influenza che riguarda sia il paziente sia l’ambiente a lui vicino.

La storia cosa ci dice

L’importanza di offrire un sostegno alle persone affette da patologie mediche gravi/croniche venne sostenuta intorno agli anni ’50 negli Stati Uniti.
È qui, infatti, che nacquero le prime associazioni di pazienti che avevano subito operazioni mediche invasive come laringectomia, colostomia e operazione al seno.

In Italia l’attenzione psicologica verso questi pazienti arrivò più tardi; l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro e la Società Italiana di Psiconcologia (SIPO) vennero, ad es., istituiti negli anni ’80.

Da allora, varie ricerche scientifiche hanno evidenziato l’importanza, per i pazienti affetti da tumore, di affiancare alle cure mediche percorsi psicologici.

Gli studi riportano che circa il 47% dei pazienti oncologici manifesta un qualche tipo di problematica psicologica, in particolare ansia o depressione, disturbi dell’adattamento, tratti rigidi e disfunzionali di personalità.

Di questi disturbi, solo il 10% era già presente prima della malattia.
Il restante 90%, invece, sono disturbi psichici sviluppatisi successivamente alla scoperta della malattia.

Le malattie neoplasiche, infatti, rappresentano uno stress emozionale importante che può avere effetti gravi sulla personalità e il tono dell’umore di chi ne è affetto.

Sostegno psicologico e psicoterapia in oncologia e malattie croniche

L’intervento psicologico clinico in oncologia ha come principali destinatari il malato e la sua rete sociale costituita in primo luogo dai familiari.

Gli interventi psicologici per il paziente mirano a:

supportarlo lungo il decorso della malattia e nei momenti particolarmente destabilizzanti,
aiutarlo a contenere i sintomi psicologici che lo affliggono,
favorire la scomparsa di comportamenti a rischio come il fumo.

Il supporto psicologico non riguarda soltanto il periodo della malattia ma perdura anche nella fase successiva.

Per i pazienti oncologici, infatti, può non essere semplice riadattarsi alla quotidianità, soprattutto se, a causa della malattia, hanno perso il proprio lavoro o una relazione sentimentale.

Gli interventi psicologici rivolti ai familiari mirano a:
aiutarli a supportare al meglio, anche emotivamente, il paziente,
a supportare il primo vissuto emotivo di sofferenza e
a favorire il processo di elaborazione di un eventuale lutto, dopo l’eventuale morte del paziente.

Il sostegno ai pazienti oncologici consiste in un lavoro di equipe che prevede varie figure professionali:
Medici
Infermieri
Psicologi
Assistenti sociali
OSS
In ambito oncologico vari possono essere gli interventi psicologici:

le tecniche a mediazione corporea come l’ipnosi, il biofeedback o il rilassamento progressivo;
i colloqui di sostegno psicologico, utile per fornire informazioni, supporto nei momenti di crisi, e per favorire il processo decisionale;
la psicoterapia individuale e familiare;
i gruppi di Auto Mutuo Aiuto.

IL SOSTEGNO PSICOLOGICO

IPNOSI CLINICA

Il fondatore dell’Ipnosi Clinica Americana Milton Erickson ci dice che l’ipnosi è uno degli strumenti più potenti di cui disponiamo come esseri umani. E’ un fenomeno naturale, una condizione che è anche possibile sperimentare spontaneamente  durante la giornata. L’ipnosi ha a che fare con uno stato alterato della coscienza : uno stato particolare in cui si apprende più facilmente e in cui si può modificare i propri schemi disfunzionali.  Per questo motivo viene utilizzata in quei casi in cui si desidera ottenere un cambiamento nel profondo. Un’altra componente essenziale dell’ipnosi è il linguaggio: infatti la scelta di un linguaggio specifico  e la creazione di un’alleanza terapeutica autentica, permettono di costruire una profonda relazione tra ipnotizzatore e persona in terapia e così scatta il modellamento dei pensieri e dei comportamenti secondo gli obiettivi richiesti.
Milton H. Erickson,  offre ai professionisti che utilizzano l’Ipnosi , un  modello unico : durante lo stato di trance, l’Ipnotista  comunica con la persona ad un livello più profondo, parlando direttamente al suo inconscio, attraverso l’uso delle metafore e di storie che curano. 
Le neuroscienze hanno messo in evidenza la specificità dello stato ipnotico: durante la trance molti parametri fisiologici cambiano ,il razionale emisfero sinistro rallenta e lascia prevalere il creativo e sensoriale emisfero destro, le onde cerebrali passano da una prevalenza di onde beta (mente esecutiva) ad un assetto alfa (mente attenta e pronta ad apprendere) fino allo stato theta (stato di apprendimento fantasioso, creativo, rapido, piacevole, associato al rilascio di endorfine e al potenziamento di funzioni fisiche benefiche),  il sistema nervoso si rilassa, il battito cardiaco rallenta e la pressione si riduce , tutto il corpo prova un’esperienza di profondo benessere.
In questo stato è possibile accedere a contenuti inconsci rimossi, modificare comportamenti indesiderati come il fumo o comportamenti alimentari alterati, ma anche curare il dolore cronico e potenziare al massimo le risorse auto curative del nostro corpo.

IPNOSI E ATTACCHI DI PANICO

CHE COSA SONO GLI ATTACCHI DI PANICO ?
Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM V) circoscrive gli attacchi di panico a un breve periodo preciso.

In quei momenti l’individuo è improvvisamente travolto da uno stato di terrore spesso legato all’urgenza di fuggire di fronte eventi ritenuti catastrofici incombenti.

I sintomi descritti raggiungono il picco in 10 minuti, e sono almeno quattro o tre dei seguenti: palpitazioni, sudorazione eccessiva, dolori al petto, nausea o dolori addominali, instabilità, testa leggera, derealizzazione (senso d’irrealtà), depersonalizzazione (essere staccati da se stessi), paura di perdere il controllo, paura di morire, parestesie, formicolii, brividi, vantati di calore e a volte vertigini.

Nella storia delle persone che soffrono di questo disturbo spesso sono presenti eventi stressanti, o la separazione da figure rilevanti prima dell’insorgenza degli attacchi di panico.

ATTACCHI DI PANICO: IL TRATTAMENTO CON L’IPNOSI
Normalmente dopo aver avuto l’esperienza di un attacco di panico si inizia ad avere il terrore di eventuali attacchi successivi con preoccupazione sempre crescente.

Questo fenomeno tipico viene comunemente chiamato ansia anticipatoria. L’ansia anticipatoria è alla base dell’evitamento, cioè della tendenza a sfuggire alle situazioni temute che, se pronunciata, comporta una marcata limitazione della propria vita sociale e lavorativa.

Il trattamento degli attacchi di panico tramite ipnosi si può suddividere in tre fasi principali.

1- CONTENIMENTO E INTERRUZIONE
Lo stato di trance da un lato per promuove stati di calma e rilassamento, e dall’altro mobilita le risorse che sono dentro ognuno di noi.
Inoltre, grazie all’ipnosi la persona impara a controllare “volontariamente”, attraverso l’uso d’immagini mentali alcune funzioni corporee come ad esempio il ritmo del respiro e il battito cardiaco. Vengono inoltre insegnate tecniche di autoipnosi per tenere sotto controllo l’ansia.

2- RITORNARE A VIVERE
La persona in ipnosi può sperimentare come le situazioni negative possono essere vissute con distacco.

Chi prima evita di prendere l’ascensore, ad esempio, perchè precedentemente ha avuto un attacco di panico mentre stava per salirci, durante la trance ipnotica può sperimentare il vissuto di tornare a farlo normalmente. Questa competenza appresa sarà puoi trasferibile, come conferma la letteratura, allo stato di veglia.

3- RIPROGRAMMAZIONE IN POSITIVO DELLA PROPRIA ESISTENZA
La persona grazie all’ipnosi e al rapporto ipnotico può consolidare gli aspetti positivi della propria personalità e contemporaneamente depotenziare gli aspetti limitanti. Il lavoro svolto, anche se a livello indiretto, permetterà al paziente di consolidare la propria autostima e il concetto di sé.

IPNOSI, ANSIA E STRESS

IPNOSI, ANSIA E STRESS
Gestire stress e ansia con l’ipnosi
Con il termine stress si indica un costrutto complesso che oggi associamo ad una condizione in cui l’organismo è sottoposto a richieste da parte dell’ambiente.

Esistono due tipi di stress:

(1) l’eustress, ovvero una condizione in cui le stimolazioni ambientali a cui il soggetto è sottoposto ne aumentano le capacità di adattamento e ne sviluppano le potenzialità ( ad es. i programmi di allenamento degli atleti );
(2) il distress, ovvero quella condizione in cui le richieste dell’ambiente logorano le risorse del soggetto arrivando a provocare sia disagi di tipo psicologico come stati di ansia, irritabilità o abbassamento del tono dell’umore, che di tipo fisico, ad es. dolori da tensione muscolare, sintomi gastrointestinali, riduzione della libido.
Tra le cause del distress, non rientrano unicamente singoli, gravi eventi le cui conseguenze sono negative per il soggetto in un arco di tempo limitato, ma anche situazioni non eccessivamente faticose che però perdurano per lunghi periodi.

DISTRESS > Questo è il tipo di stress a cui probabilmente siamo più esposti nel corso della nostra vita.

Molti dei metodi utilizzati per ridurlo mirano ad insegnare al paziente strategie per favorire il rilassamento, ed è stato questo il motivo che ha spinto inizialmente i ricercatori ad interessarsi all’ipnosi come metodo per combattere l’ansia e lo stress.
Sono molti gli studi che hanno dimostrato che l’aggiunta di sedute ipnotiche a percorsi di psicoterapia migliori l’efficacia dei trattamenti per vincere l’ansia.

Ma è possibile separare l’effetto benefico dell’ipnosi da quello del semplice rilassamento?

A tale domanda risponde uno studio (5) che ha messo a confronto due gruppi di pazienti rivoltisi ad una clinica psicologica per superare l’ansia ed imparare a gestire lo stress. Mentre ad un primo gruppo di pazienti veniva insegnata una tecnica di rilassamento muscolare progressivo, un secondo gruppo ha ricevuto un training di autoipnosi. Dopo un mese dall’inizio dello studio i risultati hanno chiaramente dimostrato che nonostante entrambi gli interventi portassero ad un miglioramento sulle misure di ansia, i soggetti appartenenti al gruppo di autoipnosi si dichiaravano maggiormente soddisfatti del trattamento rispetto al gruppo di rilassamento.

Gli effetti dell’ipnosi sono stati studiati anche sull’ansia derivante dalle prestazioni accademiche richieste agli studenti.

I risultati di alcuni studi dimostrano che insegnare agli studenti tecniche di autoipnosi riduce i livelli di ansia e permette così di migliorare in modo sensibile la performance accademica.

Riassumendo possiamo dire che l’ipnosi e l’autoipnosi possono rappresentare, quando somministrate da personale esperto, un modo rapido, economico e soprattutto efficace per superare l’ansia e le conseguenze dello stress.

In particolare, insegnare tecniche di autoipnosi favorisce lo sviluppo di strumenti che l’utente può utilizzare in totale autonomia ogni volta che dovesse ritenerlo necessario.

IPNOSI E DOLORE

IPNOSI E DOLORE

L’ipnosi é uno stato speciale di coscienza al quale corrispondono correlati neurali più o meno specifici. Recentemente sono stati individuati correlati elettrofisiologici e di neuroimaging, che deporrebbero per specifici substrati neurofisiologici dell’ipnosi.
L’ipnosi rappresenterebbe uno stato di potenziata e più mirata attenzione, associato ad una accresciuta flessibilità cognitiva. In particolare, all’analgesia ipnotica è attribuita la capacità alterare e modulare la percezione del dolore, anche grazie ad una modificazione selettiva dello stato di coscienza.

L’analgesia ipnotica: meccanismi neuropsicobiologici

L’ipnosi agisce nel controllo del dolore attraverso una complessa e flessibile modulazione cognitivo-affettiva dell’esperienza dolorosa, esercitata a differenti livelli del Sistema Nervoso Centrale e Periferico.

La componente cognitivo-affettiva ( SOFFERENZA ) del dolore sarebbe meglio controllata di quella sensoriale ( INTENSITA’ DELLO STIMOLO ). La dimensione e la qualità dell’effetto antalgico dipende tuttavia dalla strutturazione delle suggestioni ipnotiche e dalla suggestionabili del paziente.

Indicazioni cliniche

Nella difficile lotta contro il dolore l’ ipnosi è un prezioso e flessibile strumento terapeutico, inserito in un più ampio e comprensivo progetto strategico.

L’ipnosi è indicata nel dolore acuto ma ancor più in quello cronico, sia non-oncologico che oncologico.

Già nella prima metà dell’800, prima dell’introduzione del cloroformio e dell’invenzione della moderna anestesiologia, l’ipnosi era stata largamente impiegata come unico anestetico in chirurgia generale.

Attualmente l’impiego dell’ipnosi in anestesia chirurgica è fortemente limitato dalla elevata suscettibilità ipnotica richiesta (prerogativa del 10-15% della popolazione generale) e dallo sviluppo ed affidabilità delle moderne metodiche anestesiologiche. Vi sono tuttora indicazioni cliniche speciali che contemplano l’uso dell’ipnosi (interventi di piccola/media chirurgia, intolleranza/ allergie ad anestetici, ecc.).

Ma è soprattutto il dolore cronico il principale ambito di applicazione clinica dell’ipnosi Eriksoniana, cui mi riferisco nel mio ambito clinico, anche in considerazione del fatto che non è richiesta una elevata suscettibilità ipnotica per ottenere risultati terapeuticamente rilevanti. L’ipnosi non soltanto è in grado di alleviare il dolore, ma anche di modulare positivamente i concomitanti psicopatologici (e.g., ansia, depressione), la qualità del sonno e della Vita in generale. Inoltre, unitamente all’autoipnosi, offre al paziente la possibilità di auto-controllo della propria sofferenza, non più dominante ma finalmente domata.

L’ipnosi è in grado di controllare, da sola o in associazione con farmaci, la maggior parte delle sindromi dolorose croniche. Le principali indicazioni cliniche riguardano : a) cefalee croniche primarie (e.g., cefalea di tipo tensivo ed emicrania) ; b) algie orofacciali (e.g., sindrome dell’articolazione temporo-mandibolare, bruxismo, sindrome della « bocca urente ») ; c) algie muscolo-scheletriche distrettuali (e.g., miofasciali) o diffuse (e.g., fibromialgia) ; d) mal di schiena (low back pain) aspecifico (ovvero non dipendente da patologie quali ernia discale, ecc.) ; e) dolore neuropatico (e.g., arto fantasma doloroso) ; f) dolore oncologico (nel quale l’ipnosi si configura come una vera e propria terapia palliativa in grado di controllare anche altri sintomi, quali nausea, depressione, ecc.) ; g) dolori viscerali e urogenitali.

Profilo di sicurezza

In mani esperte, l’ipnosi è una metodica dotata di elevata sicurezza e sostanzialmente priva di effetti collaterali. Non si riscontrano controindicazioni assolute nell’uso dell’ipnosi in algologia; ci sono, invece, una serie di controindicazioni relative .

L’ipnosi è sconsigliata nei casi dei dolori parossistici (ad es., nevralgia del trigemino, cefalea a grappolo) in quanto i pazienti con dolori acutissimi sono scarsamente responsivi al mezzo ipnotico; nei casi di pazienti che presentano motivazioni inadeguate, aspettative dereistiche e/o cospicui “vantaggi secondari” (ad esempio, pazienti che ricavano dalla propria malattia un vantaggio relazionale, coloro che hanno fatto richiesta di indennità economiche, ecc.).

È necessario, inoltre, che il trattamento ipnotico sia preceduto da adeguati accertamenti diagnostici.

Strategie ipnotiche.

Accanto all’ipnosi Eriksoniana, propongo, ove possibile, l’insegnamento di tecniche di auto-ipnosi che affiancano efficacemente il lavoro etero-ipnotico, proteggendo e, se necessario, incoraggiando, le esigenze di relativa non-dipendenza del paziente nei riguardi del terapeuta.

Dolore Cronico Non-Oncologico

Numerosi studi , rassegne sistematiche e meta-analisi hanno valutato l’efficacia dell’ipnosi in una grande varietà di sindromi dolorose croniche quali le cefalee croniche primarie , il low back pain , l’artrite , la fibromialgia, i disturbi disfunzionali dolorosi dell’apparato gastro-enterico (e.g., colon irritabile, m. di Crohn) e il dolore neuropatico.

Anche la fibromialgia, in passato giudicata inidonea al trattamento ipnotico, è stata recentemente rivalutata in termini di ipnoterapia alla luce di interessanti osservazioni cliniche. In un recente studio doppio cieco controllato (De Benedittis , 2012) su 16 pazienti con fibromialgia, l’ipnositerapia,prevalentemente ericksoniana, più il trattamento standard, ha prodotto un significativo miglioramento dell’intensità del dolore, della qualità della vita , del sonno, con corrispondente riduzione della fatica cronica, rispetto al solo trattamento standard nel lungo termine (6 mesi) , ma non nel breve termine.

Dolore Oncologico

L’ipnosi non soltanto può svolgere un ruolo prezioso nel controllo del dolore da cancro avanzato, ma può mitigare i pesanti effetti collaterali delle terapie primarie (nausea, vomito, anoressia, ecc.) e, soprattutto, aiutare il paziente a meglio fronteggiare i conflitti emotivi che la sua condizione comporta . In questo ambito, l’ipnosi si colloca a pieno diritto come terapia palliativa “stand-alone”, in grado di affrontare efficacemente le diverse e complesse problematiche del paziente oncologico e terminale.

Gli ambiti d’impiego possono essere così riassunti : (a) controllo del dolore da cancro; (b) controllo dei sintomi correlati alla malattia neoplastica (e.g., nausea, diarrea, dispnea, ecc.); (c) controllo degli effetti collaterali delle terapie primarie (e.g., emesi anticipatoria); (d) controllo del dolore procedurale in pazienti oncologici; (e) supporto psicosociale per fronteggiare i conflitti cognitivo-emozionali correlati al cancro (e.g., paura di morte, ansia, depressione, rabbia, frustrazione, isolamento, ridotta autostima, ecc.); (f) miglioramento della Qualità di Vita; (g) modulazione della evoluzione della malattia neoplastica e della risposta ai trattamenti primari, mediante un’attivazione di meccanismi psiconeuroimmunologici.

CONCLUSIONI

Gli studi clinici indicano con una certa consistenza che l’ipnosi è più efficace dei trattamenti di controllo nel ridurre il dolore cronico non-oncologico ed oncologico. L’ipnosi dunque, pur non essendo una panacea, rappresenta un versatile e prezioso strumento terapeutico nel paziente con dolore cronico, capace non soltanto di ristrutturare il sistema del dolore, alleviando le sofferenze ma, agendo entro un più vasto contesto terapeutico, di offrire un valido aiuto alla soluzione delle complesse problematiche del paziente.

IPNOSI E ALIMENTAZIONE

IPNOSI E ALIMENTAZIONE

La sopravvivenza della nostra specie è legata al cibo e alla fame. La fame è la pulsione primigenia universale più devastante. Con la fame si mettono a ferro e fuoco le città, si scatenano le rivoluzioni, si divorano civiltà. La fame è radicata nelle sezioni più profonde e primitive del nostro cervello. Con il cibo abbiamo un legame psicologico. Il cibo è il nutrimento che riceviamo dalla placenta, la prima forma di comunicazione con nostra madre. Il cibo è legato al piacere e alla perdita del piacere, la perdita della suzione dal capezzolo, del nutrimento che è appagamento sessuale, ma anche sicurezza, dolcezza, calore umano, gioia, felicità. Il cibo è cultura, biologia, antropologia, psicologia. Per questo l’equilibrio rispetto al cibo è la chiave suprema dell’equilibrio del nostro intero benessere.

Dimagrire, inoltre, è uno solo dei tasselli che compongono il tuo benessere e il tuo equilibrio, un equilibrio che passa necessariamente, e passa per tutti, dal rapporto con il cibo. La nostra cultura è ossessionata dal cibo; su siti internet, televisioni e giornali non si fa altro che par lare di cibo, il cibo è espressione di gusto, il cibo è espressione di cultura, il cibo è forma d’arte. Con il cibo abbiamo perciò :

un legame culturale,
un legame primordiale, senza cibo si muore,
un legame biologico, il cibo è connesso alla vita, a ogni vita, nella sua forma più elementare, quella della pura sopravvivenza.

Dimagrire è anche un processo che coinvolge tutto il tuo essere nel mondo, infatti riguarda:

la consapevolezza del tuo corpo,
il rapporto con te stesso,
il rapporto con gli altri,
le credenze che hai ereditato e che ti sono state inculcate dai tuoi genitori/educatori/dall’ambiente in cui sei cresciuto…
Può sembrare strano, ma il cibo è in grado di dare dipendenza in modo simile a quello che accade per una droga.

Da una parte : sono consapevole di cosa dovrei mangiare

Dall’altra parte: sono attratto irresistibilmente verso alimenti dei quali non ha un reale bisogno.

Inoltre : mi rendo conto a volte di non avere davvero fame, ma non per questo riesco a fermarmi.

Questo bisogno si lega poi a tante situazioni della vita e soprattutto si lega a molte emozioni.

Così sembra che mangiare abbia la capacità di:

rilassare,

riempire dei vuoti,

fare compagnia,

compensare le frustrazioni, e tanto altro.

“Sembra” perché chiaramente l’effetto è solamente illusorio: per alcuni istanti si ha un beneficio, ma poi si finisce per rimanere sempre più in trappola. Nel frattempo la sensazione della sazietà perde la capacità di segnalare il momento nel quale il cibo introdotto è sufficiente e, una volta perduto questo riferimento, aumenta la perdita di controllo.

L’introduzione eccessiva di alimenti porta così a poco a poco ad un aumento della massa corporea la quale riduce la propensione all’attività fisica che a sua volta rallenta il metabolismo. Questa situazione spesso porta ad una riduzione dell’autostima e della motivazione al cambiamento.

Tutto ciò permette al cibo di intrappolare sempre più la persona, amplificando il circolo vizioso creato.

Incominciare una dieta è difficile perché richiede una grande volontà e il rischio di perdere in poco tempo i risultati ottenuti con grandi sacrifici è sempre presente.

Il vero problema qual è
Il vero problema non è la perdita del peso, ma la perdita di controllo sul proprio comportamento; l’aumento di peso è solo la conseguenza.

Questa perdita di controllo avviene perché si sviluppa una sensazione di bisogno di cibo sempre più grande, la quale è in grado di vincere sulla forza di volontà. È un bisogno diverso dalla fame reale; un bisogno mentale, ma non per questo meno potente.

L’ipnosi come terapia integrativa
Il paziente spesso sa già che cosa dovrebbe modificare e se potesse farlo non avrebbe bisogno di aiuto.

L’obiettivo più difficile è quello di cercare di modificare le condizioni per le quali la condizione di dipendenza dal cibo si mantiene, cioè il bisogno che la sostiene.

Con l’ipnosi si può cercare di liberare dallo sproporzionato desiderio di mangiare che la persona avverte mettendola in grado di alimentarsi in modo corrispondente ai bisogni del corpo.

Procedura terapeutica
Colloquio clinico psicologico per mettere a fuoco un obiettivo partendo da una problematica;

Ciclo sedute di terapia ipnotica:

  • ipnosi per il senso di sazietà; 
  • ipnosi per mangiare sano; 
  • ipnosi per motivarti a perdere peso;
  • ipnosi per superare la fame compulsiva; 
  • ipnosi per perdere peso; 
  • allenamento mentale quotidiano alla migliore condizione di assunzione del cibo.

 

Successivamente ad ogni seduta è importante che il paziente verifichi se la terapia è stata utile o meno in modo da valutare l’opportunità di ripeterla con l’ipnosi e l’autoipnosi per poi procedere nel percorso.

Autoipnosi come integrazione all’ipnosi.